Congedo di partenità

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La nascita di un figlio rappresenta un momento importante per entrambi i genitori, eppure in Italia la maggior responsabilità resta alla madre. Assurdo, perché l’arrivo di un nuovo membro ha un impatto per tutta la collettività, e pesa invece solo su una metà, quella femminile.

Nel nostro Paese un padre ha diritto al congedo di paternità paritetico a quello della madre (5 mesi retribuiti all’80%) solo in caso di decesso della madre ovvero se l’affidamento esclusivo del figlio fosse, per vari motivi, del padre. Se desiderasse un permesso maggiore di 10 giorni il padre potrebbe usufruire soltanto del congedo parentale, che spetta a entrambi i genitori entro i primi 12 anni di vita del bambino per un periodo complessivo tra i due genitori non superiore a dieci mesi pagati al 30% della retribuzione.

Nell’ultima legge di bilancio in nostro Paese ha aumentato il “congedo papà”, obbligatorio e retribuito al 100%, da 7 a 10 giorni: basterà? 

Per capire quanto sia poco tutelato il ruolo del padre in Italia, basta guardare agli altri Paesi dell’Unione Europea. Il confronto con alcuni Paesi del nord Europa è al limite del ridicolo: in Svezia il congedo retribuito è di 240 giorni a genitore che può essere esteso fino a 18 mesi (se si rinuncia alla retribuzione), in Finlandia è di 164 giorni lavorativi per genitore, in Germania il congedo di maternità è retribuito al 100% per 14 settimane, ma entrambi i genitori possono assentarsi dal lavoro fino a 14 mesi con il 67% dello stipendio.

Ma anche i Paesi del sud Europa mettono all’angolo l’Italia! In Portogallo  non c’è differenza tra congedo di maternità o paternità: i genitori possono scegliere se stare a riposo per 120 giorni (con retribuzione al 100%) o 150 giorni (con l’80% di stipendio), in Spagna il congedo per madri e padri è di 12 settimane retribuite al 100% (che dal 2021 saranno aumentate a 16).

In generale la durata media del congedo di paternità dell’Unione Europea è di 11 giorni: nonostante quindi la riforma che ha fatto ben sperare, restiamo al di sotto di questa soglia. Nel 2019 l’UE ha approvato una direttiva (1158/2019, approvata in aprile di quell’anno dal Parlamento Europeo) che mira a garantire un equilibrio tra attività professionale e impegno familiare ad entrambi i genitori, sostenendo così l’aumento di responsabilità nell’affidamento dei figli al padre.

Secondo questa direttiva, quindi, entro il 2022 tutti gli Stati Europei dovrebbero garantire almeno 10 giorni di congedo parentale retribuito al padre (o al secondo genitore riconosciuto dalla legge nazionale). Si tratterebbe di un inizio per cambiare l’attuale situazione: certamente ancora molto andrebbe fatto, ma questo incentivo a cambiare andrebbe adottato anche dal nostro Paese, e in fretta.

Il crollo della natalità in Italia è un problema reale. Vogliamo risolverlo? Allora smettiamola con le soluzioni ideologiche e proviamo con politiche concrete! Perciò  Volt propone l’introduzione di un congedo di paternità obbligatorio di 5 settimane e la creazione di un tesoretto di congedo di genitorialità di 150 giorni, pagato dallo Stato all’80% della retribuzione.

Conciliare lavoro e genitorialità per entrambi i genitori significherebbe puntare davvero sulle famiglie e capire che il garantirne il reddito è fondamentale; ma vorrebbe anche dire fare importanti passi avanti in tema di parità di genere mettendo sullo stesso piano di ruoli e tutele giuridiche padri e madri in quanto genitori.

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