Discriminare non è un’opinione

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Da 6 mesi bloccato al Senato, dopo essere stato approvato alla Camera. Il #DDLZan è una legge “divisiva” e “non prioritaria”, queste le ripetute dichiarazioni del leghista Andrea Ostellari, Presidente della Commissione Giustizia al Senato, appoggiato da senatori come Simone Pillon e da Fratelli d’Italia. Ieri, martedì 20 aprile è arrivato l’ennesimo rinvio nonostante le pressioni delle forze di maggioranza e la campagna #diamociunamano che sta coinvolgendo migliaia di cittadinə. La palla passa ai capigruppo della maggioranza.

Ma che cosa rende così divisiva questa proposta di legge? Il ddl Zan modifica gli articoli 604 bis e ter del Codice Penale e la legge Mancino del 1993, che riconosce i reati di odio e discriminazione per motivi etnici e religiosi, aggiungendo quelli fondati sul sesso, sul genere, sugli orientamenti sessuali, sull’identità di genere e sulle disabilità.

Come può non essere prioritaria una legge che tutela e protegge le vittime di #omolesbobitransfobia, #misoginia e #abilismo, centinaia ogni anno in Italia?

Come si legge nell’art. 4 del DDL Zan, la suddetta legge non punisce il pensiero e le opinioni delle persone nel loro privato, né impedisce di poter avere convinzioni personali, seppur discriminatorie. Ma ciò che va detto senza timore è che la discriminazione che si trasforma in discorsi di odio, violenza fisica e psicologica non è opinione ma reato. E questo punto attiene non soltanto al campo della giurisprudenza, quanto ad un più ampio intervento sulla cultura e la mentalità delle persone che vivono in Italia.

Il DDL Zan ricorda che le leggi dello Stato italiano possono avere un valore educativo, richiamandosi ai valori della Costituzione e della Dichiarazione ONU, tema che riguarda altri tipi di politiche educative contenute nell’art. 7 del DDL Zan, come il riconoscimento da parte della Repubblica del 17 Maggio, Giornata Nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, conosciuta in tutto il mondo come IDAHOBIT, e che coinvolgerebbe, nei limiti delle disposizioni vigenti, le amministrazioni locali e le scuole nell’organizzare giornate «al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei princìpi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione»

Questi sono i punti contenuti nel testo, e tuttavia quel che preoccupa ancor di più non è soltanto l’ostruzionismo cui è soggetto l’iter parlamentare del DDL Zan, quanto la falsa propaganda portata avanti nelle aule del Parlamento, sui media e sui social.

“Vogliono farci confondere i maschi con le femmine”, “vogliono votare la pedofilia di Stato”, “vogliono legittimare l’utero in affitto”, “vogliono indottrinare i nostri figli con il Gender nelle scuole”, “vogliono renderci sigle”, queste e molte altre le dichiarazioni diffamanti di Simone Pillon, Vittorio Sgarbi, Giorgia Meloni e altri esponenti di una certa politica italiana.

Una campagna di disinformazione ai limiti della democrazia, riguardo tematiche su cui in Italia c’è ancora molta disinformazione, argomenti su cui l’Europa e il mondo, nonché le Università e i Centri di Ricerca in Italia lavorano in pieno spirito di confronto e progresso scientifico: educazione di genere, adozioni, e maternità surrogata, tutte questioni che non sono contenute nel testo di legge da approvare al Senato. 

In altre parole, l’ostruzionismo al Senato è ai limiti della costituzionalità, la campagna di diffamazione del DDL Zan e delle persone ad esso legate, milioni di persone, è ai limiti della falsità e della manipolazione. Questa narrativa politica è una propaganda organizzata a danno di un altro diritto fondamentale della cittadinanza, quello ad una corretta informazione.

Ciò che dovrebbe far riflettere noi cittadine e cittadini dell’Italia, a questo punto, è che una determinata rappresentanza politica – affatto liberale – ha il potere di trasformare l’agone democratico di una Repubblica in una campagna in cui falsità e dati di fatto si mescolano. Tutto ciò legittimato da un delicato e sottile limite tra “libertà di opinione” e “fake news”.

Il dibattito sulla legge Zan, che dovrebbe tutelare da propagande e istigazioni a delinquere contro la dignità delle persone, diventa sotto i nostri occhi un esempio di «pubblicazione e diffusione di notizie false, esagerate e tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico», una descrizione che trova luogo nel nostro ordinamento giuridico, all’art. 656 del Codice Penale.

Assicurare dignità, sicurezza e inclusività è fondamentale per uno Stato civile. Chi è contro queste leggi è contro i diritti umani e calpesta i principi democratici dell’Italia e dell’Unione Europea.

Oggi l’ennesima novità da Italia Viva, attraverso le parole del renziano Faraone: “Ho letto le proposte di modifiche presentate da Valente che condivido. Da Concia che condivido. Se anziché dividerci ideologicamente ci si siede, si accettano proposte di modifica, si può votare insieme”. Questa dichiarazione, che rischia di spaccare la maggioranza a sostegno del DDL Zan, non viene dalla destra populista e ultracattolica, ma da schieramenti che si professano di “sinistra”.

Le modifiche e le critiche mosse al testo della legge da IV riguardano ancora una volta un problema culturale del nostro Paese e non un serio dibattito sulla materia giuridica di questa riforma: si chiede di cambiare diciture che corrispondono a studi internazionali affermati da circa trent’anni; si addita la pericolosità di questa legge per il caso di Beppe Grillo. Si allunga così la lista delle fake news su questa legge.

Il sipario di oggi è l’ennesima dimostrazione di una politica irresponsabile, da destra a sinistra, uno stimolo per riflettere sempre più sulle priorità educative del nostro Paese.

Se le forze politiche che si schierano contro il DDL Zan sono le stesse che mettono in dubbio diritti già acquisiti, come quello all’aborto con la legge del 22 maggio 1978, n. 194, sono le stesse che calpestano la libertà di ricerca sancita dalla Costituzione trasformando gli studi di genere nel “mostro Gender”, allora la difesa di questa legge non riguarda soltanto la comunità LGBTIAQ+, le donne e le persone con disabilità, ma la difesa delle fondamenta stesse della nostra democrazia.

Calendarizzate e approvate subito questa legge!

#FuturoMadeInEurope

#PerUnEuropaDeiDiritti

#DallaParteDeiDiritti

#VoltidiVolt

Fonti

Repubblica

Senato

Normattiva

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