Esodo Giovanile: Un Decenio di Emigrazione
In meno di un decennio, l’Italia ha visto l’esodo di 340.000 giovani tra i 18 e i 35 anni. La maggior parte di loro, tristemente, non farà ritorno se non per le vacanze natalizie, essendo emigrati all’estero in cerca di opportunità lavorative che permettano di coprire le spese quotidiane e, magari, di godere anche di qualche svago serale o di un hobby, o ancora
Contrazione dei salari e confronto Europeo
L’Italia detiene l’infelice primato di essere l’unico paese europeo dove il salario reale medio ha subito una diminuzione nell’arco degli ultimi 25 anni. In particolare, a causa dell’inflazione scatenata dalla guerra in Ucraina, i salari reali si sono contratti del 7,5% a fronte di una media europea del 2,2%.
Ma anche guardando a dati più generali la situazione non è migliore: il salario medio italiano è infatti del 12% inferiore rispetto alla media europea.
Impatto della Fuga di Cervelli sull’economia italiana
Non c’è quindi da meravigliarsi se continua inesorabile la “fuga di cervelli” dal nostro Paese, vale a dire l’esodo massiccio di lavoratori altamente qualificati verso paesi esteri: tra il 2012 e il 2021, oltre un milione di residenti ha lasciato l’Italia, di cui circa un quarto possedeva una laurea.
Nel corso di dieci anni, 239.000 giovani si sono trasferiti all’estero, mentre solo 82.000 hanno fatto ritorno in Italia, indicando una tendenza preoccupante che riflette la disillusione della giovinezza italiana e la mancanza di fiducia nelle prospettive future offerte dal paese.
Questo fenomeno, oltre ad essere un tema filosofico e sociologico, rappresenta un costo annuale per l’Italia: si stima che la perdita netta del paese a causa della fuga dei cervelli ammonti a circa 14 miliardi di euro, equivalente a quasi 1 punto percentuale del PIL.
Ad aggiungersi a questo dato, c’è da considerare i costi indiretti: la perdita di lavoratori ad alto livello di skills impoverisce il paese del know-how e delle competenze necessarie per stimolare la crescita e l’innovazione. Secondo una ricerca, il flusso di giovani talenti che lasciano l’Italia ha causato la mancata creazione di circa 80.000 imprese, con ovvie ripercussioni occupazionali.
Le nuove politiche fiscali del Governo Meloni
Nonostante tale scenario, il Governo Meloni ha recentemente ratificato in Consiglio dei Ministri una revisione delle agevolazioni fiscali per il “rientro dei cervelli”, ovvero per quei professionisti che scelgono di tornare in Italia dopo un periodo trascorso all’estero.
Quali sono le novità di queste politiche
In precedenza, i lavoratori che facevano ritorno in Italia erano tassati (IRPEF) solo sul 30% del loro reddito imponibile, una percentuale che scendeva addirittura al 10% se optavano per un trasferimento in una regione del Sud Italia per almeno cinque anni; ora, questa aliquota è stata portata al 50%.
Anche le condizioni per accedere a tali agevolazioni sono cambiate: prima era sufficiente aver vissuto all’estero per almeno due anni e mantenere la residenza in Italia per altri due anni. Con le nuove disposizioni, invece, le agevolazioni saranno destinate a chi ha trascorso almeno tre anni all’estero e si impegna a risiedere in Italia per i successivi cinque anni; in caso contrario, gli incentivi ricevuti dovranno essere restituiti, con gli interessi.
Una generazione in cerca di riscatto
Queste modifiche rappresentano un ulteriore schiaffo per una generazione di individui in fuga, senza un tetto e in cerca di identità e stabilità, che vedono chiudersi un’altra porta davanti a loro. Siamo, senza ombra di dubbio, una generazione abbandonata.
L’Italia si trova di fronte a una scelta cruciale: può continuare sulla stessa traiettoria, rischiando di perdere ulteriori talenti e di diventare sempre più isolata dal resto del mondo, oppure può prendere provvedimenti concreti per invertire questa tendenza. È essenziale che ci sia un impegno a livello nazionale per affrontare le cause profonde della “fuga di cervelli”. Questo significa investire nell’istruzione, nella formazione e nella ricerca, ma anche creare un ambiente di lavoro più equo e competitivo, partendo dall’eliminazione dell’ultimo provvedimento approvato dal Consiglio Dei Ministri.
Allo stesso tempo, è fondamentale investire sulla nostra democrazia, per riavvicinare alla politica chi oggi non ha una voce: i giovani devono tornare a farsi sentire, partecipando attivamente alla vita politica e sociale del paese, e chiedendo cambiamenti e riforme. Dobbiamo creare spazi reali in cui attraverso un impegno collettivo possiamo sperare di costruire un futuro migliore per tutti.
Siamo infatti una generazione calpestata, ma anche una generazione che ha voglia di riscatto, che conosce il valore dell’Europa e che per la prima volta sta capendo che il gioco del populismo si è rotto e sta rialzando la testa.
Siamo una generazione che non resterà in ginocchio, non resterà in silenzio.